Etnocentrismo culturale di 150 anni fa...
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“La
vicenda reale, quella della faida tra le famiglie Vasa e Mamia, è scivolata
nella leggenda grazie a Bastiano Tansu…
“
Forse sarebbe meglio dire grazie al Costa.
Sebastiano Tansu non ebbe alcun ruolo nella faida. Il suo nome veniva spesso
accostato ai protagonisti solo perché era cugino di Pietro Vasa i cui sicari
preferiti erano: i fratelli Marco Antonio e Giovanni Antonio Carbini “Galbatu”,
Agostino Peru Mazzittoni detto Lu Gregu, Giovanni Battista Casu noto Tarrabau,
Antonio Oggiano noto Tusgioni e un non meglio identificato Antonio Dettori noto
Cosciganu, di Sedini.
"La sua ferocia, il suo animo gentile, la sua mira
infallibile, il suo amore impossibile per la figlia di un pastore, sono stati
raccolti in un libro da Enrico Costa a pochi anni di distanza dai fatti reali,
conferendo alla leggenda dignità storica."
In realtà il Costa trasformò partendo da un fatterello abbastanza comune nella Gallura (e Sardegna) di allora costruendo una storia d'amore e di sangue ad uso e consumo delle anime romantiche che frequentavano i salotti borghesi durante la Belle Epoque.
La Gallura di metà Ottocento era una terra di
frontiera. Da poco sotto il controllo dei Savoia, mal sopportava le regole
imposte da uno stato di cui faticava persino a comprendere la lingua.
La Gallura di allora non era la California ma una
terra abbandonata a se stessa, resa invivibile da secoli di dominio aragonese e
spagnolo e da oltre un secolo di Savoia, i quali non si preoccuparono di
stabilire le cause di tale arretratezza, onde eliminarle, ma piuttosto di
reprimere eventuali moti di protesta e giustiziare gli oppositori che avevano
solo il torto di volere un mondo migliore. Se il re sabaudo Carlo Felice, detto
Carlo Feroce, o il ministro Bogino, in sardo diventato sinonimo di boia, hanno
meritato questi appellativi ci sarà sicuramente un motivo.
Bastiano “è un animo nobile e buono nonostante le
atrocità che commette…
Sarebbe interessante sapere quali furono le
atrocità commesse…
“la chiesa cattolica era l’unico strumento di
controllo esterno che risultasse efficace e insieme allo Stato procedeva per
tentativi, spesso maldestri, per arginare l’ondata di terrore innescata dalla
faida tra le famiglie Vasa e Mamia.
Politica tipica del colonialismo sabaudo era
quella di affidare ad altri il compito che avrebbero dovuto svolgere loro.
Il parroco, infatti, era sì uno straniero, ma la
sua autorità era più facile da accettare in una società che andava
ridefinendosi.
Una balla totale, era preferibile avere un
sacerdote locale, in quanto parlando la lingua dei pastori era più facile farsi
capire e quindi svolgere meglio la sua opera. I sacerdoti che si avvicendarono
nella parrocchia della Trinità d’Agultu dove ricadevano i luoghi della faida
furono tutti galluresi.
Il sacerdote che andò a casa di Pietro Vasa dopo
il suo ferimento, si chiamava Pietro Garrucciu ed era di Tempio. I due si
conoscevano molto bene e tra l’altro avevano un buon rapporto. Tuttavia il
bravo sacerdote, avendo capito il vento che tirava, pochi giorni dopo se ne
andò e non ritornò mai più nella parrocchia di Agultu.
Gli altri preti:
Martino Mariotti, che ebbe l’onore di celebrare
il matrimonio di Pietro Vasa con Maria Pes il 26 aprile 1857; per una strana
coincidenza, lo stesso sacerdote pochi mesi prima aveva unito in matrimonio
Mariangela Mamia con Giovanni Battista Spezzigu;
Pietro Paolo Spano, di Tempio, fu parroco di Agultu negli
anni caldi della faida. Pietro Vasa, lasciò al prete una grossa somma di
denaro, come ex voto per essere scampato all’agguato del giorno di San Giuseppe.
I soldi furono utilizzati per restaurare la chiesa parrocchiale della Trinità.
Oltre al denaro fu donato anche un appezzamento di terreno (Minda di lu Preti);
Giovanni Andrea Stangoni (preti Sansoni), di Aggius.
Se ne andò da Agultu dopo che una notte gli furono esplose alcune fucilate da una
finestra della casa parrocchiale. Fu ucciso anche un cavallo di proprietà del
cognato. Il povero animale alloggiava nella stalla della parrocchia e
probabilmente fu scambiato per quello del prete. Preti Sansoni fu quello che compilò l'Atto di Morte di Sebastiano Tansu (Liber Defunctorum della Parrocchia di Santa Vittoria, vol. IV pag. 76).
Salvatore Addis Melaju, aggese; fuggì dopo l’omicidio
del proprio fratello commesso nella di lui abitazione, mentre era a tavola per la
cena con la famiglia.
Giovanni Tamponi, di Luras. Dopo una
lite con un suo parrocchiano, preferì traslocare.
Come è facilmente intuibile, per chi conosce la
storia e la mentalità del gallurese dell’Ottocento, un sacerdote straniero
avrebbe avuto vita breve e travagliata, come pare sia successo ad un ecclesiastico che voleva
approfittare della sorella di Pietro Vasa, qualche tempo prima della faida: fu
fatto sparire, probabilmente fra gli anfratti rocciosi nei pressi della cascata
di Pinna, non lontano dallo stazzo Vasa.
Tra l’altro nella famiglia Mamia vi era pure un prete.
Michele Mamia, fratello del padre di Mariangela,
fu parroco in La Maddalena al tempo di Garibaldi con il quale spesso aveva
qualcosa da dire. L’Eroe dei due mondi era noto per essere un fervente
anticlericale: per esempio ai somari che utilizzava nel suo mulino aveva dato il nome di
Pio Nono e Napoleone (protettore di Pio IX). Dal canto suo prete Mamia si
permise di cacciare a pedate fuori della chiesa i figli di Garibaldi perché tenevano
un comportamento non decente. Nonostante questo pare che l’Eroe avesse molta
stima del sacerdote in quanto costui era molto bravo nell’uso del fucile, che
portava sempre a tracolla e non certo per tirare a pernici o volpi.
La Gallura è talmente simile al paesaggio emotivo
di questa vicenda che sembra quasi averla partorita naturalmente.
I paesaggi della Gallura rappresentata nel film non hanno
niente a che vedere con quelli della Gallura dove si svolsero le vicende della
faida.